di Leonarda Crisetti
È questo il titolo del seminario che nella prima delle due giornate – dalle ore 15.00 alle 19.00 del 16 aprile 2012- vede riuniti nell’aula 1 di Scienze della Formazione dell’ateneo foggiano docenti, dottorandi, studenti e curiosi per riflettere insieme su importanti questioni che interessano il mondo della scuola italiana e la società tutta. Espressione opinabile quella di “scuola normale”, giustificata probabilmente dal clima di incertezza, provvisorietà, tensione e anarchia, che da tempo attraversa l’istituzione educativa per eccellenza.
Alla prof. ssa Isabella Loiodice, preside di facoltà, il compito di introdurre e individuare i nessi tra le relazioni affidate ai prof. Franco Frabboni (Università di Bologna), Massimo Baldacci (U.
di Urbino), Liliana Dozza (U. Bolzano) e Franca Pinto Minerva (U. di Capitanata), che fanno il punto rispettivamente su Formazione, Curricolo e competenze, Relazione e comunicazione, Natura e cultura.
Interventi che muovono dallo “spaesamento”, dal periodo di “lutto” vissuto dalla nostra scuola, da dieci anni di fatto sacrificata dalle scelte politiche di corto respiro, nonostante le sia riconosciuta l’importanza, il ruolo imprescindibile nella formazione di maschi e femmine di ogni età, dalla culla alla bara.
Dopo un decennio di provincialismo gestito da maestranze lombarde [coi ministri Moratti-Gelmini] che strizzano l’occhio alla lega- puntualizza il prof. Frabboni- dopo un periodo silente agito con la logica “del cerotto e del bavaglio”, dopo essere stata presa di mira dalle baionette di Mariastella che con un colpo di spugna ha preteso cancellare trent’anni di scuola militante, il Sessantotto e Don Milani, dopo anni di oscurantismo in cui si è vista costretta a procedere come il granchio, è giunto il momento di risalire la china e- per usare una delle metafore tanto care all’Ordinario di Bologna – raggiungere la “mongolfiera”, al fine di raggiungere il traguardo della conoscenza e la formazione per tutti.
I relatori sembrano riporre fiducia nel Governo monti e auspicano che il presidente del Consiglio dei Ministri insieme ai collaboratori diano un segno di discontinuità con il predente governo, decidendo di ripristinare “una scuola normale”.
“Normale” – spiegano- è la scuola in cui il docente possa lavorare tranquillamente senza la minaccia di essere espulso, quella in cui non sia eseguita alcuna pulizia etnica, la scuola che è a servizio della persona, senza fare differenza di censo, di lingua, latitudine, età.
Normale è la scuola che si pone in continuità al suo interno e all’esterno, raccordandosi con le altre istituzioni e con l’extrascuola, che si prende cura anche delle persone anziane, proponendosi come ricorrente e permanente.
La scuola normale agognata – che il governo precedente ha voluto cancellare- è quella che dota l’allievo di gambe robuste per camminare e di ali per volare, quella che va oltre l’informazione, i saperi coccodé ridotti a pillola, ripetitivi e mnemonici pronti ad evaporare, quella che incentra l’attenzione sulla “testa ben fatta” (E. Morin), sulla vera conoscenza, quella che impegna il pensiero a sviluppare categorie attraverso le operazioni di smontaggio-rimontaggio e ricostruzione.
La scuola agognata, in sintonia con quella esemplificata nei documenti di Lisbona 2000, è quella che collega la conoscenza con o sviluppo e con il progresso, che impegna la mente e il cuore, che non permette ai soggetti deboli (bambini e anziani) di farsi catramare dalla TV, quella che richiede pertanto tempi lunghi.
Questa scuola stringe rapporti con la città educativa, quella che non è subordinata alle logiche di mercato e di consumo o alle agenzie a pagamento, che tengono impacchettai i bambini, senza dare loro modo di osservare e toccare la realtà.
Scuola impegnata a rivedere i concetti di curricolo obiettivo, competenza, il sistema di valutazione e di verifica aborrendo le “caricature scientifiche”. Scuola che curi ogni dimensione della personalità facendo particolare alle relazioni socio-affettive, alle emozioni, ai linguaggi complementari, alla comunicazione positiva, alla base del successo scolastico ed extrascolastico.
La scuola normale sognata negozia su tanti punti ma non è disposta a mediare su quelli che Frabboni definisce principi trascendentali, che consistono in una scuola democratica non meritocratica, scuola dell’inclusione non della separazione, scuola della “testa ben fatta” non ben piena, plurale non unica, scuola della convivialità non della competitività, dotata delle strutture e dei laboratori per le attività di classe e d’interclasse.
Scuola in grado di coniugare natura e cultura, che di adopera a formare l’uomo intero che sappia utilizzare le tecnologie senza esserne schiavo, che sia in grado di pensare se stesso in modo decentrato, equipaggiato di quegli orizzonti di senso utili a chi vive nella società in movimento, complessa, liquida come la nostra.
Scuola, infine, che guadagno la “navicella spaziale” e guardi lontano per consentire di coltivare speranze e sogni, come vuole la pedagogia, scienza dell’impossibile oltre che di confine.




